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Valorizzazione sottoprodotti della pesca

 

Come valorizzare i sottoprodotti della pesca e della lavorazione di prodotti ittici a scopo alimentare:
sperimentazione su frazione ossea e code del pesce

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a
 cura dell’Area Mare e Conserve Ittiche

 

 

Gli organismi marini sono una fonte importante di molecole bioattive con riconosciuti effetti positivi sulla salute. Questi composti sono presenti anche nelle frazioni di scarto della lavorazione del pesce che non hanno un utilizzo redditizio (squame, parte ossea e carapace dei crostacei).
Inoltre Il Reg. 1380/2013 sulla gestione delle catture indesiderate di specie senza, o con basso, valore commerciale, impone dal 1-1-2019 per tutto il pescato, l’obbligo di sbarco. Allo scopo di soddisfare queste esigenze economiche, ecologiche e salutistiche, è importante dare un valore a quanto oggi viene gettato perché ritenuto uno scarto. E’ ormai opinione comune che lo scarto non dovrebbe più essere considerato un “di più da eliminare” ma qualcosa che deve rientrare nel ciclo produttivo.

Per alcune specie di pesce che hanno poco mercato come sugarelli, pagelli e persino sardine e acciughe, a volte c’è poca convenienza allo sbarco perché spesso questo significa dovere smaltire l’eccedenza con un costo economico. Anche pesci di notevole valore come il tonno, hanno una parte della carcassa, circa il 50%, che non viene utilizzata. Infine, i crostacei nascondono nel loro guscio molecole bioattive di grande efficacia che attualmente finiscono per lo più tra i rifiuti organici, la più importante delle quali, l’astaxantina, è un potente antiossidante, 10 volte più efficiente del β-carotene e 100 volte più del tocoferolo, con azione antagonista della perossidasi dei lipidi. notoriamente i carapaci dei crostacei sono infine una fonte di chitosano, una molecola molto studiata sia per il suo potere protettivo (per l’imballaggio), che come gelificante e legante, e per una ancora non bene definita attività biologica.

Razionalizzare tutto questo richiede un disegno molto ampio e complesso, che coinvolge molti attori della filiera del pescato: dai pescatori a chi si occupa di stoccaggio e logistica del pesce, dalle industrie di trasformazione ai ristoratori, così come i consumatori finali. Questo richiederebbe una organizzazione articolata in molti segmenti. Quello che la SSICA sta svolgendo è la dimostrazione, attualmente su piccola scala e che successivamente potrà essere sviluppata a livello semi-industriale, della possibilità di utilizzare questi sottoprodotti per ottenere alimenti funzionali a base di pesce con alto valore aggiunto (Figura 1).

Figura 1. Schema della sperimentazione in SSICA per il recupero di materia prima e sottoprodotti ittici.

Sperimentazione su parti della carcassa di tonno (code e frazione ossea)

Abbiamo recuperato, da aziende del settore, la coda e la colonna vertebrale di tonno che residuano dopo la separazione dei filetti. Sono state frantumate 15 kg di code di tonno, e una uguale quantità di frazioni ossee congelate e dopo diversi passaggi per ridurne la dimensione massima a 2-3 cm, i campioni sono stati essiccati e successivamente polverizzati in un mulino a martelli, ottenendo la polvere visibile in figura 2.

polvere code tonno

Figura 2. Polvere ottenuta da code di tonno, frantumate, essiccate e polverizzate.

La frazione ottenuta è stata parzialmente demineralizzata con una debole soluzione di acido acetico, lasciando una pasta fine (figura 3) che passata al mulino colloidale fornisce un possibile semilavorato gelatinoso per prodotti a base di pesce (figura 4).

valorizzazione sottoprodotti pesce gelatina code tonno
Figura 3. Frazione di code di tonno macerate in acido acetico.
Figura 4. Strato gelatinoso ottenuto da code macerate
dopo passaggio in mulino colloidale.

L’analisi chimica, oltre alle proteine del tessuto connettivo, mostra una importante presenza di esosoamine, (glucosamina e condroitina):

  • 0.5 % dalla polvere ottenuta dalle code,
  • 2 % da quella ottenuta dalle spine.

Le esosoamine come la glicosamina e la condroitina solfato sono utilizzate in farmcopea come stimolanti del metabolismo delle cartilagini, cme antiinfiammatori, attive nella riduzione di acido urico.

Il contenuto di lipidi è relativamente basso (1%) ma è rilevante il loro contenuto in acidi grassi omega 3 (28%). Come era logico aspettarsi è significativo il contenuto di Ca (2.5-4%).

Utilizzo di pesce di basso valore commerciale per fishburgher arricchiti in molecole bioattive.

La prova di recupero di un intero pesce è stata fatta su sardine, specie di basso valore commerciale che si presta ad una valorizzazione proprio in funzione dell’alto contenuto di molecole bioattive, tra cui gli acidi grassi omega3. Da 10 kg di sardine sono state separate lische e squame (8% del peso del pesce iniziale) e la polpa è stata congelata. Le lische e le squame sono state macinate demineralizzate in acido acetico diluito (1%). L’impasto residuo ottenuto è stato addizionato alla polpa e sono state formate delle polpette di pesce, nelle quali, oltre al valore nutrizionale del pesce azzurro, anche in questo caso abbiamo trovato un elevato contenuto di acido ialuronico, di condroitina e di glucosamina.

Anche le squame, le code e la frazione ossea del tonno, dopo estrazione in acido acetico e EDTA, sono state macinate e omogeneizzate fino a ottener una pasta omogenea che è stata aggiunta ai fishburger. Le figure 5 e 6 mostrano due polpette ottenute da polpa di pesce desquamata e privata di spine, reintegrate dopo estrazione in acido acetico e omogenizzate in mulino colloidale.

Figura 5.Fishburger ottenuto da residui di estratto di code e spine di tonno con polpa di pesce.
Figura 6. Polpetta ottenuta da polpa e spine macerate di pesce azzurro (Sardine).

 

La figura 7 mostra un campione cotto su piastra. Sul fishburger ottenuto sarà misurato il contenuto di metalli. Dovranno essere fatti i controlli microbiologici, sia sul prodotto fresco che dopo cottura, prima di pensare allo sviluppo di un prodotto alimentare.

 

Figura 7. Fishburger alla piastra con polpa di pesce addizionata di code e spine di tonno macerate.

Conclusioni

Le prove continueranno con l’estrazione dai carapaci di antiossidanti e la loro immissione in prodotti di pesce. Queste sperimentazioni hanno lo scopo di ottenere un prodotto finito (fishburger, patè ecc.) con migliorate qualità nutrizionali e buone proprietà sensoriali. A questo scopo stiamo lavorando anche su aromatizzazione, colore e consistenza, cioè su quegli aspetti che rendono appetibile un alimento.

Il recupero e il reintegro delle frazioni ritenute meno nobili di tutte le materie prime (e non solo dei prodotti ittici) è un percorso impegnativo ma necessario per l’industria alimentare che dovrà rispondere alle future sfide ecologiche, nutrizionali ed economiche. Allo stesso modo l’utilizzo delle specie meno apprezzate potrebbe consentire di ridurre la pressione sulla cattura delle specie con più mercato, concorrendo ad un maggiore riequilibrio dell’ambiente.

 


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