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Gestione alternativa dei reflui degli allevamenti

 

 

Strategie Sostenibili per una gestione alternativa
dei reflui degli allevamenti bovini e suini:

i Progetti PSR 2014-2020

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a cura della Divisione Ambiente

 

Nel corso degli ultimi anni, la Divisione Ambiente ha partecipato a numerosi progetti di ricerca a carattere fortemente ambientale ed ecologico aventi lo scopo di preservare le risorse ambientali del territorio e minimizzare gli impatti derivanti dalle produzioni legate alle filiere alimentari.

È questo, ad esempio, il caso di due Progetti: Prozoo (Processi innovativi per la gestione dei reflui zootecnici) e Parmorizzazione (Filiera del Parmigiano Reggiano: Valorizzazione dei sottoprodotti a scarti zero) sviluppati tra il 2016 e il 2021, entrambi finanziati all’interno del Piano di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020 della Regione Emilia Romagna.

I progetti, svolti in collaborazione con

  • l’Azienda Agraria Sperimentale Stuard,
  • Università di Parma e
  • Università Cattolica del Sacro Cuore (Piacenza),
  • Centro di Formazione Sperimentazione e Innovazone “Vittorio Tadini” (Piacenza),
  • Centro Siteia.Parma e
  • quattro aziende agricole della provincia di Parma,

hanno avuto lo scopo di studiare e progettare strategie alternative, maggiormente efficienti e sostenibili, per la gestione dei reflui provenienti dagli allevamenti suini (per la produzione dei salumi) e bovini (per la produzione di latte per Parmigiano Reggiano) per ridurne l’impatto ambientale e valorizzare il loro impiego in agricoltura. I reflui e i loro sottoprodotti (digestato), visti come materie prime secondarie, sono stati trattati grazie a due processi tecnologici innovativi tramite due impianti prototipo sviluppati dai partner del progetto.

Reflui degli allevamenti bovini

I reflui provenienti dagli allevamenti sono costituiti essenzialmente dalle deiezioni degli animali allevati diluiti nelle acque impiegate per le pulizie dei locali di allevamento e possono contenere
anche residui solidi di varia natura.

Le caratteristiche quantitative e qualitative di questi reflui possono risultare molto variabili in funzione del tipo di allevamento, dei sistemi di pulizia impiegati, della dimensione (numero di capi allevati) e della composizione della popolazione animale (diverse razze, età, tipo di destinazione del suino, etc.), dell’età degli animali e della tipologia di alimentazione (a secco, in umido, varie tipologie di mangime, etc.).

In conseguenza di questa estrema variabilità, è molto complicato poter dare una descrizione generale della composizione e delle quantità di refluo prodotto dagli allevamenti; in linea di massima, i reflui sono costituiti da un elevato contenuto di azoto e di fosforo oltre a concentrazioni variabili di solidi totali e di solidi volatili.

Attualmente, questi reflui sono in gran parte impiegati in processi di digestione anaerobica per la produzione di biogas ottenendo un sottoprodotto (il digestato) che risulta più omogeneo rispetto
alle matrici di partenza con un maggiore tenore di umidità in quanto parte della sostanza secca è stata degradata biologicamente dai batteri per la produzione del biogas; inoltre, la sostanza organica residua risulta più stabile e contiene elementi della fertilità del suolo per le colture quali fosforo e azoto.

Proprio l’alto contenuto di azoto, però, costituisce un problema significativo, in quanto la semplice digestione anaerobica non è in grado di abbassare in misura consistente il contenuto di azoto che, quindi, si ritrova in gran parte nell’effluente sotto forma ammoniacale e con valori tali da precludere lo scarico diretto in base alle normative vigenti e limitare notevolmente l’uso in campo agricolo in applicazione al D.M. 7 Aprile 2006 e alle normative nazionali che attuano la Direttiva Nitrati 91/676/CCC, riguardante l’uso agronomico degli effluenti zootecnici e dei fertilizzanti azotati (tra cui il digestato di origine agro-zootecnica).

L’obiettivo

L’obiettivo generale dei due progetti è stato quello di proporre una strategia alternativa di gestione dei reflui e/o dei digestati attraverso l’integrazione sinergica di due processi innovativi che consentono di estrarre la componente ammoniacale ottenendo sali di ammonio utilizzabili come fertilizzante, di ottenere un carbone (biochar) utilizzabile come ammendante in grado di conferire
benefici strutturali al suolo, migliorandone la fertilità e aumentandone la ritenzione idrica, e produrre un effluente acquoso avente caratteristiche chimico-fisiche tali da risultare idoneo per un
riutilizzo o per lo scarico in acque superficiali (Fig. 1).

PSR

Figura 1: Cicli dei processi di valorizzazione dei reflui e/o digestato implementato all’interno dei due progetti PSR.

Il primo dei due prototipi è stato sviluppato e messo a punto presso la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) grazie alla collaborazione con un’azienda del
territorio.

L’impianto (Fig. 2), sfruttando le differenti temperature di evaporazione dei composti presenti nei reflui, è in grado, nella prima fase del processo, di estrarre dal prodotto in ingresso la
totalità dell’azoto in forma ammoniacale ottenendo così un prodotto liquido condensato che costituisce circa l’85% del volume in ingresso (Fig. 4, in arancione).

Il restante 15% è un prodotto secondario concentrato ricco di sostanza organica che si presenta come palabile o semi palabile e quindi di più facile gestione rispetto al prodotto iniziale. Nella seconda fase, il condensato è sottoposto ad un processo di osmosi inversa che, dopo due cicli, consente di ottenere un permeato (circa il 70-75% del refluo iniziale) che presenta tutti i valori dei parametri chimici rientranti nei limiti di legge per lo scarico in acque superficiali (Fig. 4, in verde).

 
Figura 2: Prototipo 1, evaporatore +osmosi inversa     Figura 3: Prototipo 2, micro-carbonizzatore

Il restante ritentato contiene la totalità della componente azotata in forma ammoniacale concentrata in un ridotto volume (circa il 4-8% del refluo iniziale) è può essere valorizzata come fertilizzante azotato.

Figura 4: Flusso del processo messo in atto tramite il primo prototipo sviluppato presso la SSICA.
Fase di evaporazione (in arancione) e fase di osmosi inversa (in verde).

Il concentrato, la fase semisolida sottoprodotto del primo processo tecnologico reso maggiormente palabile, è stato impiegata per alimentare il secondo prototipo: un micro-carbonizzatore. L’impianto (Fig. 3), messo a punto dalla Iridenergy Srl, mediante un innovativo processo di pirolisi è in grado di produrre un syngas ad elevato valore energetico da impiegare per produrre energia termica o elettrica, e un residuo solido carbonioso chiamato biochar.

Il biochar prodotto è stato analizzato dal Laboratorio di Biotecnologie Agro-Ambientali del SITEIA.PARMA che, attraverso una caratterizzazione chimico-fisica e opportuni test di fitotossicità,
ne ha valutato la sicurezza e i benefici ambientali.

Gli effetti positivi del biochar usato come ammendante sono oggetto di numerosi studi scientifici degli ultimi anni. Tali evidenze scientifiche mostrano come il biochar possa apportare numerosi
benefici alle colture e all’ambiente suolo migliorandone la tessitura e la struttura, aumenta la ritenzione idrica e promuove un risparmio irriguo; influenza altre proprietà chimico-fisiche e
presenta effetti sinergici con altre concimazioni di diverso tipo; incrementa la sostanza organica e interagisce con i microrganismi benefici naturalmente presenti nella rizosfera promuovendone
l’attività; contrasta l’acidificazione dei suoli contribuendo anche a ridurre anche la mobilità di metalli, sali e altre sostanze contaminanti; tra le proprietà più importanti, però, c’è quella di
sequestrare e fissare il carbonio nel suolo in forma stabile e resistente alla mineralizzazione, riducendo, di fatto, le emissioni di gas serra.

Inoltre, l’Azienda Agraria Sperimentale Stuard ha verificato i benefici ambientali e gli effetti agronomici di tutti i prodotti derivanti dal processo (biochar, concentrato palabile, sali di ammonio)
attraverso l’allestimento di colture sperimentali di mais, orzo e pomodoro (Fig. 5).

PSR
Figura 5: Parcelle sperimentali allestite presso l’Azienda Agraria Sperimentale Stuard

In ultimo, alcuni docenti del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma hanno valutato, nel loro complesso, la sostenibilità economica
dei processi e delle soluzioni proposte. I costi associati all’attuale sistema di gestione e smaltimento dei reflui e del digestato sono stato confrontati ai costi e ai benefici ambientali ipotizzabili ai diversi livelli della filiera sulla base dell’innovazione sviluppata.

La strategia proposta, pertanto, consente di minimizzare i volumi dei flussi di sostanze da smaltire valorizzando i reflui della filiera utilizzati in nuovi cicli economici o rimessi nell’ambiente; ridurre l’impatto ambientale dell’attuale strategia di utilizzo dei reflui e gli attuali costi operativi degli impianti; ridurre i costi di produzione energetica; recuperare la frazione ammoniacale e aumentarne la valorizzazione; massimizzare il recupero di acqua da rimettere nell’ambiente o da riutilizzare nei cicli aziendali e, in sintesi, aumentare la sostenibilità economica e ambientale dell’intera filiera.

In conclusione, in questo sistema innovativo di gestione dei reflui, tutti i prodotti della filiera e dei trattamenti implementati hanno una seconda vita e possono potenzialmente essere reimpiegati in azienda come fonti di energia, ammendanti e/o fertilizzanti conseguendo gli obiettivi di una economia di tipo circolare.

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